Vorrei analizzare ora, per quello che posso, lo stato della mia facoltà.
L’università dovrebbe avere come scopo la diffusione del sapere (la ricerca viene come diretta conseguenza di questo). Se questo è lo scopo principe del sistema, allora i protagonisti sono i professori (che insegnano) e gli studenti (che imparano); tutto il resto è trascurabile.
In questo ragionamento do per scontato che lo studente sia curioso, quindi che abbia voglia di imparare e di impegnarsi. Infatti, è difficile che una persona si iscriva ad una facoltà come fisica per altri motivi quali possono essere: un mezzo per trovare lavoro o per non restare a casa ad annoiarsi. Se c’è qualcuno che corrisponde al primo tipo allora devo avvertirlo che ci sono vie più facili per trovare un lavoro ed uno stipendio sicuro, se invece si sente tra i secondi allora sicuramente gli posso dire che ci sono modi migliori per passare il tempo, se non ti interessa la fisica.
Detto questo, parlo degli studenti che rimangono, e che a fisica non sono pochi. Queste persone pagano per ricevere un servizio che dovrebbe essere rivolto a dare ogni opportunità per imparare, capire e possibilmente approfondire le cose che stanno studiando.
Non ci vuole molto per capire che un fattore molto importante in questo processo è l’insegnante: la sua conoscenza e la capacità di diffonderla. A mio avviso una profonda comprensione della materia in questione da parte del professore è necessaria per spiegare bene gli argomenti agli studenti, per rispondere alle loro domande in maniera puntuale e per chiarire i dubbi capendo dov’è che lo studente non capisce.
Se tutto ciò fosse realtà allora le differenze lavorative tra professori sarebbero solo nello stile di insegnamento e uno studente potrebbe scegliere canale in base al tipo di insegnamento che preferisce e non dovrebbe essere costretto, come ora, a cambiare canale perché il suo insegnante non è competente o non sa spiegare (questo argomento può essere esteso a tutta la società italiana e non voglio trattarlo in questo post).
Passo ora alla materia prima dell’insegnamento: il sapere. Secondo me in una facoltà come fisica o matematica lo scopo della conoscenza dovrebbe essere prima di tutto la conoscenza stessa, poi dovrebbe venire il collegamento tra i vari corsi per fare del percorso di laurea un unico cammino non frammentario, infine in un secondo tempo dovrebbe esserci una specializzazione nella direzione che lo studente preferisce. Prima di questa specializzazione, però, gli argomenti dovrebbero venir trattati nel modo più esaustivo possibile, sempre nei limiti del tempo a disposizione, trattando in un modo degnamente approfondito tutti gli argomenti più importanti e meno approfonditamente quelli che verranno ripresi più avanti mantenendo sempre, però, una continuità tra i vari corsi.
Se così fosse nel nostro povero mondo, non dovrei sentire il professore di Meccanica analitica e relativistica dire tristemente che la relatività non verrà trattata approfonditamente fino ai corsi della laurea specialistica perché in 2 mesi e mezzo non si ha il tempo per approfondire tutto nel modo che merita e che, tanto, molti tra noi non arriveranno neppure alla specialistica e quindi non è “necessario” approfondire ora.
Dopo un’occhiata con il mio vicino di banco come per dire “uffa.. non faremo neanche questo…” mi sono chiesto: ma se pochi anni fa, in 5 anni riuscivano a fare tutto in modo approfondito rendendo i fisici italiani ricercati all’estero, perché, ora, sempre in 5 anni, dobbiamo studiare superficialmente rischiando che in futuro un cinese o un indiano che abbia invece studiato approfonditamente prenda il posto di lavoro al posto nostro?
Ecco che allora si va alla ricerca di un libro che riempia le lacune lasciate dai vari corsi anche e soprattutto perchè imparare è l'unica cosa che chiediamo a questo sistema.
domenica 1 ottobre 2006
STVDIVM VRBIS
Pubblicato da
David
alle
20:12
Etichette: italia, opinioni, società, università
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